La crisi economica della Cina ormai sembra evidente a tutti gli effetti. Pur essendo un blog che tratta di assicurazioni era inevitabile che dovessimo dare questa notizia, che diventerà presto motivo di destabilizzazione ulteriore delle nostre economie, nessuna esclusa (quindi ecco come i settori bancario ed assicurativo c’entrano eccome con questa notizia!).
Ma a parlare di crisi Cina sembrano essere ancora in pochi, nonostante tutti gli indicatori già da alcuni mesi facciano pensare non tanto ad una prospettiva per il 2013, quanto piuttosto ad un fenomeno iniziato nel 2011 e destinato a maturare già nel 2012. Inevitabilmente la globalizzazione ha colpito questa economia che, non essendo ancora matura, non riesce ad autosostenersi con il consumo interno, ma ha ancora un grande bisogno di esportare.
Perché è crisi Cina?
Perché la Cina è in crisi dunque? intanto premettiamo che non si può paragonare la flessione dell’impero cinese alla nostra recessione … ci troviamo di fronte ad uno stato che continua comunque ad avere un PIL crescente, nonostante si avvertano le prime avvisaglie dell’inversione di tendenza. I problemi che preoccupano maggiormente gli analisti non riguardano per ora tanto il Prodotto Interno Lordo quanto:
Troppi investimenti
La Cina è arrivata ormai ad investire la metà del proprio PIL: la situazione sembra fuori controllo, tanto che nonostante gli allarmi lanciati questo rapporto continua a crescere. La Banca centrale Cinese ha cercato di frenare questo problema tagliando i finanziamenti ed applicando una severa stretta al credito, ma finora non si sono ancora visti benefici.
Inflazione alta
Il 2011 per la Cina è stato l’anno della lotta all’inflazione. Qualche risultato in questo ambito si è visto, ma il dato si attesta sempre stabilmente sopra il 4,5% annuo. Spesso i cinesi danno la colpa di questo problema ai paesi occidentali che speculano su di loro … probabilmente in parte hanno anche ragione, fatto sta che la soluzione al problema devono trovarla loro, e anche in tempi possibilmente ristretti, anche perché è il costante aumento dei prezzi la prima motivazione della stagnazione dei consumi interni, che non crescono nonostante il PIL faccia passi avanti.
Bolla immobiliare
Il crollo del prezzo degli immobili nel finale del 2011 ha segnato la fine del boom immobiliare (che era parte importante del boom economico cinese in generale, basti pensare che da sola formava il 10% del PIL cinese). Si sono costruite decine di città fantasma, i prezzi sono diventati insostenibili e sono crollati di botto del 35-50% a seconda delle città (non sono state risparmiate nemmeno le scelte più classiche come Shanghai o Pechino).
Rivendicazioni operaie
Tutti noi abbiamo sempre detto che l’espansione cinese sarebbe terminata quando fossero arrivati i sindacati nelle fabbriche. Siamo ancora ben lontani dall’avere degli standard lavorativi accettabili nel paese orientale, ma una serie di lotte operaie (messe in piedi dai lavoratori più giovani, consapevoli di quelli che dovrebbero essere i loro diritti) ha messo in difficoltà numerose fabbriche, specialmente sulla costa pacifica. Non si tratta solamente di richieste di aumento salariale, ma anche e soprattutto di condizioni lavorative non malsane, orari di lavoro paragonabili a quelli occidentali e benefit aziendali, fino ad oggi sconosciuti da quelle parti. Se davvero le proteste, come sembra, finissero con l’esapndersi a macchia d’olio nelle province di Shenzen (in foto) e Dongguan (i più grandi cantieri del mondo, zeppi di immigrati e malcontento) davvero la miccia potrebbe innescarsi. Molti analisti del settore lavoro pensano che il governo non aspetterà che ciò accada, ma introdurranno gradualmente modifiche e miglioramenti che potrebbero portare alla formazione di sindacati realmente attivi.
Prestiti in sofferenza
Anche su questo fattore la stretta creditizia avrà senz’altro ripercussioni nel 2012, fatto sta che il fatto che paesi come l’Italia acquistino meno, che il settore immobiliare stia andando a rotoli e che altri indicatori assumano il segno meno davanti non poteva che portare ad una serie di crediti in sofferenza non preventivata nei momenti di vero boom economico.
Goldman Sachs ipotizza la crisi cinese
Anche Goldman Sachs nei propri scenari per il futuro ipotizza che l’attuale affanno della Cina possa trasformarsi in crisi: riassumendo i dati di fatto sono uno yuan alle stelle, il calo degli investimenti dall’estero, il rallentamento delle esportazioni, il crollo dell’immobiliare, i debiti delle piccole e medie imprese e l’indebolimento dell’attività manifatturiera … anche i più fiduciosi in una pronta ripresa del colosso dell’estremo oriente devono tenere conto degli indicatori, non possiamo più contare sulla Cina come abbiamo fatto negli ultimi 30 anni.
Banche e assicurazioni: come sarà la crisi cinese?
E’invece oggettivamente troppo presto per fare pronostici ed azzardare scenari riguardanti gli effetti che questa crisi potrebbe rovesciare su banche ed assicurazioni: non possiamo certo parlare di recessione, non conosciamo la profondità e la durata di questa inversione di tendenza percui è inutile creare allarmismi … del resto abbiamo scritto poco tempo fa che esistono realtà assicurative come New China Life Insuranceche stanno facendo enormi progressi, alla faccia del quadro globale esposto sopra … l’unico dato che potrebbe creare reali preoccupazioni al momento è il primo che siamo andati ad analizzare, ovvero la crescita incontrollabile degli investimenti nonostante la stretta del credito. Ormai il paese del Dragone presta, ad esempio, più denaro all’Africa di quanto non faccia la Banca Mondiale … sarà un investimento sicuro? anche Paul Krugman (Premio Nobel per l’economia nel 2008) esprime questi dubbi in “La crisi mondiale e l’incognita cinese”, precisando che spera (mi accodo anche io!) di non essere un inutile allarmista, ma di lì a non esprimere preoccupazioni ce ne dovrebbe passare!
Noi il sasso lo abbiamo lanciato, vediamo come evolverà la faccenda.