Già da diversi anni si parla del fenomeno dello shadow banking, termine coniato dall’economista Paul McCulley per definire tutte le forme di finanziamento alle aziende diverse dal canale bancario tradizionale. Il motivo per cui questo fenomeno inizia a interessarci particolarmente è semplice: sono ormai 3 anni che le forme alternative di finanziamento hanno superato in volume quelle tradizionali, con evidenti ripercussioni sul sitema economico mondiale. Vediamo dunque cos’è lo shadow banking, come funziona e come possono fare banche e assicurazioni per convivere con questa realtà.
Definizione di shadow banking
Dare una definizione esaustiva di shadow banking è tutt’altro che facile, possiamo dire che si tratta di tutti quegli intermediari finanziari diversi dalle banche, in grado di fornire servizi simili a quelli tradizionali. Tra gli esempi più comuni di sistemi bancari collaterali troviamo:
- crowdfunding
- private equity
- venture capital
- fondi speculativi (cd. hedge funds)
- veicoli di investimento strutturato (SIV)
Perché lo shadow banking preoccupa le istituzioni finanziarie?
C’è un motivo per il quale lo shadow banking viene guardato con sospetto nonostante la sua crescita prodigiosa nel corso degli anni? paradossalmente il motivo principale risiede in parte proprio nella loro espansione: diversamente dai canali bancari tradizionali il sistema ombra non si basa sui depositi, quindi i soldi che vengono erogati da dove arrivano? principalmente dagli Abcp (asset backed commercial paper, una sorta di cambiale a breve termine emessa dalle aziende e facile da scambiare) e dal Repo Market (sostanzialmente il mercato dei pronti contro termine). Sapendo che lo shadow banking è tradizionalmente meno restio a prestare denaro a soggetti in potenziale difficoltà rispetto alle banche tradizionali è facile comprendere da dove derivi tanta apprensione: le possibilità che il castello di carte e cartolarizzazioni crolli sono decisamente più elevate rispetto a quelle relative alle istituzioni finanziarie come banche e assicurazioni delle quali ci preoccupiamo tanto spesso.
Regolamentare lo shadow banking
La strada da percorrere sembra essere una sola: smettere di ignorare lo shadow banking e regolamentarlo al pari delle istituzioni finanziarie tradizionali, sottoponendolo ai medesimi obblighi e controlli in modo da avere sotto controllo la situazione, rendendo i prestatori maggiormente selettivi sulle aziende da aiutare e il sistema ombra meno vulnerabile; ci sono già stati i primi tentativi negli USA quando nel 2010 il Dodd-Frank Act (meglio conosciuto come riforma Wall Street) decise che la Federal Reserve ha il potere di regolare qualsiasi istituzione economica di importanza sistemica, ricordiamo inoltre che negli Stati Uniti c’è l’obbligo di registrazione per qualsiasi adviser di hedge funds che detenga asset superiori ai 150 milioni di dollari.
In Europa solamente nel 2015 si è iniziato a pensare seriamente a riconoscere e regolamentare il fenomeno dello shadow banking, recependo le direttive del Financial Stability Board a tale proposito e cercando di renderle effettive.
Riusciranno dunque le banche e le assicurazioni a convivere con queste istituzioni finanziarie ombra? La risposta sembra essere positiva, a patto ovviamente che queste escano appunto dalla loro zona d’ombra e si adeguino alle regole di prudenza e ai controlli che spettano agli istituti tradizionali, in modo da renderle a loro volta entità degne di fiducia e al di sopra di ogni ragionevole dubbio.