La crisi economica innescata dal lockdown, e poi dalle misure restrittive che si stanno susseguendo da un anno a questa parte, sta facendo aumentare a dismisura il debito pubblico italiano (che già ci sta preoccupando da alcuni decenni, non è una novità);
ma chi pagherà questo debito?
Cerchiamo di dare una risposta, cercando di capire in che modo saranno finanziate le perdite dovute alla pandemia da Covid-19 e quali strumento ha a disposizione l’Unione Europea per evitare che la crisi dilaghi all’economia reale.
Quanti soldi abbiamo perso a causa del Covid-19?
La prima domanda da porsi è:
quanti soldi ci ha fatto perdere la pandemia da coronavirus?
non è facile dare una risposta precisa, anche perché le misure restrittive ancora sono ancora in corso (anzi, si sta già temendo di compromettere la seconda Pasqua consecutiva, con conseguenti ripercussioni sui consumi);
verso fine 2000 venne quantificato in 197 miliardi di euro il debito assunto dall’Italia, più altri 20 miliardi di euro previsti per la prima fase del 2021, pare dunque ragionevole ipotizzare cifre che a fine pandemia viaggeranno sui 300 miliardi di euro, salvo ulteriori nuovi imprevisti, come debito totale.
Rapporto debito/Pil: il tallone d’Achille italiano
Se da un lato possiamo dire che questa crisi del debito abbia portata globale, dall’altro dobbiamo evidenziare come l’Italia rispetto alle altre nazioni sviluppate avrà più problemi ad affrontare il problema dei soldi a prestito, visto il suo rapporto debito/Pil assai elevato.
Numerosi studi (ma anche evidenze osservabili quotidianamente) dimostrano come nazioni fortemente indebitate abbiano problemi a crescere economicamente, e proprio il rapporto tra il debito e la crescita economica è da anni un forte freno all’economia italiana.
Con la pandemia questo rapporto è destinato ad aumentare non poco, con conseguenze tutto sommato imprevedibili, ma di certo non buone.
Come ripagheremo il debito?
Viste queste premesse non proprio incoraggianti, come faremo a ripagare il debito?
Va detto subito che questo non accadrà nel breve periodo, anzi probabilmente il debito sarà rinegoziato per numerosi anni a venire, spostando in parte il problema alle future generazioni (che probabilmente non potranno dunque permettersi un lockdown in una prossima epidemia!).
Per quanto ci riguarda le possibilità di ripagare parte del debito contratto sono legate alle seguenti ipotesi:
Imposte per il Covid-19
Il metodo più ovvio per ripagare i soldi che ci arriveranno sarà aumentare le tasse, probabilmente tassando le grandi ricchezze (o almeno questo è l’auspicio dei lavoratori, già sufficientemente vessati dalle imposte vigenti).
Tagli alla spesa pubblica
Un’alternativa apparentemente meno dolorosa dell’aumento della pressione fiscale è operare una serie di tagli alla spesa pubblica … se non si possono aumentare le entrate si riducono le uscite, o -più probabilmente- si può cercare una mediazione tra queste due soluzioni, con un mix di tagli e aumenti che potrebbero invertire questa pericolosa rotta.
Aumentare il PIL
Se una stretta fiscale è il modo più scontato per ripianare il debito (o più probabilmente parte di esso) il metodo più conveniente è senz’altro aumentare la produttività, ed è a questo che punta il governo Draghi (pur con un tempo di azione relativamente limitato davanti a sé).
Come abbiamo detto poco fa è difficile essere al tempo stesso sempre più indebitati e maggiormente produttivi, ma considerando che stanno per arrivare circa 300 miliardi di euro nelle casse dello Stato, facendone un buon uso, potremmo riuscire a trarre alcuni benefici, specialmente se Mario Draghi porterà a termine alcune riforme da tempo attese.
Giustizia civile, p.a. e istruzione: le armi in più del governo Draghi
Quali sono le riforme che potrebbero tornarci utili per pagare il debito?
Il governo Draghi ha individuato la giustizia civile e la pubblica amministrazione come aree di intervento, ma sappiamo bene che ragionando nel lungo periodo non si può non gettare un occhio a ricerca e istruzione.
Accelerare i tempi della giustizia civile e semplificare le pratiche burocratiche è di fondamentale importanza per attirare capitali dall’estero, mentre per farli rendere al massimo (e non regalarne i frutti agli altri Paesi) è necessario fare incontrare domanda e offerta lavorativa, ecco perché le riforme sono così importanti se si vuole uscire dalla crisi del debito in maniera indolore.
In generale la priorità sarà gestire in particolare i 209 miliardi che arriveranno dal programma europeo NextGenerationEU in modo da rendere l’Italia un Paese maggiormente competitivo e ricercato dagli investitori esteri.
Il debito pubblico ci manderà in default?
Al momento pare improbabile che la crisi del debito possa mandare in default le casse dello Stato italiano, fondamentalmente per un motivo:
la BCE lavora per evitare il tracollo, con progetti quali il quantitative easing e il programma di acquisti di emergenza, comprando enormi quantitativi di titoli di Stato italiani e di altri Paesi dell’Unione
(si stima che nel solo 2020 la Banca Centrale Europea abbia acquistato sul mercato secondario 224 miliardi di euro di titoli italiani)
ovviamente non sappiamo cosa succederebbe le la BCE cambiasse rotta all’improvviso, ma al momento Christine Lagarde offre sufficienti garanzie circa il fatto che operazioni come APP e PEPP ci terranno ancora a galla.
La Presidente della BCE ha affermato “Non ci sono limiti al nostro impegno per l’euro”, una frase che a molti ha ricordato il famoso whatever it takes di Mario Draghi, accogliendola con un sospiro di sollievo.
Inflazione e rischio default
In questo momento il più pericoloso spettro che si aggira per l’Europa è quello dell’inflazione:
la BCE utilizza i titoli di Stato per regolare i flussi di moneta nel sistema economico, se salisse l’inflazione essa dovrebbe vendere i titoli in proprio possesso (o nella migliore delle ipotesi smettere di acquistarne di nuovi).
Questo è anche il motivo principale per cui non si può pensare a una cancellazione del debito da Covid-19:
se la BCE non avesse abbastanza titoli di Stato da rivendere una eventuale inflazione diventerebbe incontrollabile, andando a erodere il potere di acquisto dei cittadini e, forse, portandoci dritti verso il fallimento.
In sintesi: rinegoziare il debito e ridurlo
Vista questa lunga serie di premesse possiamo dire che, a nostro avviso, nei prossimi anni assisteremo a una rinegoziazione del debito (se non addirittura al congelamento di una parte di esso), accompagnata da una serie di misure volte alla riduzione di esso, tra cui:
- introduzione di nuove tasse o rimodulazione di quelle in essere
- tagli agli sprechi e, se necessario, alla spesa pubblica
- riforme atte ad aumentare la produttività
in modo da spostare il problema sempre più in là negli anni facendolo diventare al contempo più gestibile di quanto sembri adesso.
Occorrerà prestare particolare attenzione ai primi sintomi di inflazione (tamponandoli subito se necessario), ma anche sperare che nel frattempo non intervengano nuovi shock (es. nuove pandemie, epidemie, ma anche crisi economiche) che difficilmente potrebbero essere sopportati senza catastrofiche conseguenze.
Tra alcuni mesi potremo anche verificare la portata del boom post Covid, e capire quanti dei soldi persi nel 2020 e inizio 2021 saranno recuperati entro fine 2022 e quanti dovranno considerarsi perduti per sempre, così come potremo verificare se il calo della natalità sarà in parte compensato o al momento è da considerarsi irreversibile, con tutti gli effetti negativi che ne conseguiranno sull’economia.